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Il video dell’Istituto Luce mostra in sequenza i territori di Lagonegro, del Lago Sirino di Nemoli e di Lauria – ottobre 1929 -

La ferrovia Lagonegro – Spezzano faceva parte di un più’ ampio progetto, che mirava a realizzare un collegamento su ferro in senso longitudinale fra le costiere tirrenica e jonica, dal Napoletano alla piana di Sibari e fu gestita, fra gli anni ’20 e ’70, dalle Ferrovie Calabro Lucane.

Il collegamento si doveva realizzare partendo dalla linea Battipaglia – Sicignano – Lagonegro, diramazione della linea per Potenza delle Ferrovie dello Stato, (costruita in scartamento ordinario), ed allacciarsi alla Sibari – Cosenza con il tronco Spezzano – Sibari. Ma le difficoltà finanziarie e le solite incomprensioni politiche impedirono la realizzazione del progetto , cosi che con legge n.580 del luglio 1910, il Parlamento decise di incaricare una società privata alla realizzazione della tratta ferroviaria; fu scelta la Società per le Strade ferrate del Mediterraneo che, nel 1911 sottoscrisse una convenzione per la costruzione e l’esercizio di 1271 km di ferrovie, a scartamento di 950 mm.

Lo scartamento ridotto risultava conveniente per la costruzione, impiegando meno materiale, e per l’esercizio vista che le linee da realizzare, tra cui la Lagonegro – Castrovillari – Spezzano Albanese, avrebbero avuto prevalentemente tracciati tortuosi e caratteristici di ferrovie di montagna, cosi da non consentire velocità commerciali superiori dai 15 ai 30 km/h.

Inoltre il trasbordo nelle stazioni di corrispondenza con la rete ferroviaria a scartamento ordinario, sarebbe stata ben tollerato anche perché la linea attraversava zone poco collegate da strade e quindi il treno risultava l’alternativa più valida agli spostamenti di persone e merci.

Nel 1915 venne inaugurata una prima tratta, da Spezzano Albanese a Castrovillari, comprendente sezioni a cremagliera; progettata direttamente dalle FS ed in mancanza di materiale rotabile MCL , fu esercitata con locomotive a vapore del gruppo 370 FS ed altro materiale proveniente dalla rete a scartamento ridotto FS delle linee siciliane. Nel 1916 il servizio venne prolungato fino a Morano Calabro; le caratteristiche di manufatti e fabbricati, totalmente diversi da quelli della tratta verso Spezzano è testimone del passaggio della progettazione ai tecnici della Mediterranea. Un’ulteriore crisi frenò nuovamente i lavori e solo nel 1929 si realizzò la tratta Lagonegro – Laino Bruzio, come si chiamava il comune unificato dell’oggi Laino Borgo e Laino Castello, ad aderenza mista e solo nel 1931, con l’apertura della sezione Laino – Castrovillari si completò il collegamento fra Lucania e Calabria. La linea attraversava territori di orografia difficile quindi sia per economia sia per questo motivo fu necessario stabilire concetti progettuali ed esecutivi speciali :lunghe livellette fino al 60% conducevano al valico di Campotenese , a quota 1030 m., attraverso ponti e viadotti arditi e tortuosità artificiali, necessarie a mantenere le pendenze accettabili; singolare, a tal proposto , la presenza di numerosi tornanti, come alla “Dirupata” o gallerie elicoidali, a Castelluccio. Alle due estremità brevi tratti a cremagliera (tipo Strub, con pendenze del 75% e 100% ), per circa 3 km. Totali, riducevano ulteriormente le velocità commerciali e le potenzialità della ferrovia. Inoltre le stazioni di Castelluccio superiore e la fermata di Laino Castello vennero dotate di binari di salvamento: binari tronchi insabbiati in forte contropendenza, per arrestare in caso di emergenza i convogli o eventuali veicoli in fuga, a motivo delle pendenze che si raggiungevano in quelle stazioni. La ferrovia non sempre si manteneva vicina agli abitati così che le stazioni o le fermata erano difficili da raggiungere velocemente o addirittura di una scomodità non indifferente; per esempio la stazione di Lauria, molto distante dall’abitato, oppure la stazione di Rotonda, comune in

Basilicata ma la stazione ricadeva nel territorio Calabrese; per finire vorrei citare la fermata della Pastorella nei pressi della omonima Chiesa, ma da raggiungere con estrema difficoltà, come è accaduto durante la ricognizione effettuata sul tracciato, che per riuscire a trovarla ci siamo dovuti inerpicare nel bosco tramite sentieri arditi. Tutto questo per permettere il collegamento di località poco servite da strade e per essere più vicini a zone di produzione agricola, per avere motivi di sviluppo che nel futuro si dimostrarono inutili, addirittura completamente esagerati. Singolare risultava la tratta terminale lato Spezzano; gli ultimi kilometri della ferrovia erano in comune alla linea FS Cosenza – Sibari; dalla stazione di Sibari al Bivio Spezzano la tratta venne armata con tre rotaie, per consentire il transito dei treni FS ed FCL. Questa soluzione permise di utilizzare da parte della ferrovia a scartamento ridotto l’importante viadotto metallico sul Crati delle FS, evitando la costruzione di una ulteriore e costosa opera d’arte. Per la circolazione dei treni su tutta la linea ci si avvaleva della Stazione di Comando; il capostazione di comando si trovava a Castrovillari, dove c’era pure il deposito, l’officina ed i principali impianti ausiliari(lavaggio ecc.), mentre sull’ultimo tratto in sede promiscua con le FS, vigevano norme speciali con comunicazioni fonografiche fra i due dirigenti delle rispettive reti. A Lagonegro e Rotonda erano presenti depositi per locomotive tra cui quelle a scartamento ridotto, visto la presenza di alcuni tratti a cremagliera ricadenti nelle vicinanze. Anche se ritenuta una ferrovia ardita e di montagna, era lo stesso considerata interessante e non aveva nulla da invidiare alle più celebri ferrovie alpine. Ma purtroppo, proprio queste caratteristiche e la, ormai palese lontananza di alcune stazioni dagli omonimi paesi, portò la ferrovia ad un graduale abbandono da parte delle persone che preferirono il mezzo su gomma. Anche l’avvento delle curiose automotrici diesel della capacità di 29 posti, le storiche “EMMINE”, non portarono ulteriore impulso al loro utilizzo, anzi, proprio la ridotta capacità di posti non ne fece un grande risultato. Di fatto la ferrovia nacque già vecchia, visto il forte sviluppo di trasporti su gomma che si iniziò a vedere negli anni ’30 e così anche se il treno, si diceva, avrebbe portato sviluppo, non avvenne come si era sperato. Per decenni la ferrovia fu servita da 3-4 coppie di treni, sulle relazioni parziali Lagonegro (o Castelluccio) – Castrovillari e Castrovillari – Spezzano; la mancanza di corse che percorressero la tratta completa era una dimostrazione dell’assoluta mancanza di un traffico di transito, per il quale il progetto ferroviario era stato originariamente concepito. Il traffico merci invece risultava soddisfacente, visti anche i bassi costi della manodopera occorrente al trasbordo delle merci dallo scartamento ridotto a quello ordinario delle linee che facevano capo a Lagonegro e Spezzano. Purtroppo anche la natura infida dei terreni, portò l’amministrazione ferroviaria ad investire ingenti risorse , sin dai primi anni di esercizio, per la manutenzione di manufatti(ponti, viadotti, gallerie e quant’altro) e del corpo stradale, cosa che influì molto sulla storia della ferrovia. Nel tratto Lagonegro – Rivello si evidenziarono i maggiori problemi: cedimenti alle volte delle gallerie, e delle opere d’arte; in particolare il maestoso viadotto di Lagonegro, oggi conosciuto con il nome di viadotto dello Studente, a motivo dei casi luttuosi in cui alcuni studenti con chissà quali problemi, si gettarono dal suddetto viadotto. Proprio tale viadotto fu interessato negli anni ’50 da ampi fenomeni di bradisismo, che determinarono la deformazione della volta di un’arcata, e del binario che vi poggiava sopra, con conseguente interruzione del servizio ferroviario ed istituzione di autoservizi sostitutivi, visto la non conveniente idea di ristrutturazione, tenendo conto anche dell’esiguità del traffico ferroviario di allora. Così da allora i treni non arrivarono più a Lagonegro, la linea si fermava alla stazione di Rivello e di lì i passeggeri continuavano il viaggio in pullman fino alla stazione di Lagonegro. Negli anni seguenti il traffico ferroviario si concentrò sulla tratta restante anche se nel periodo degli anni ’60, anche sulla tratta da Civita a Spezzano si manifestarono instabilità nel corpo stradale ed alle opere d’arte; in particolare, si verificarono cedimenti in chiave al viadotto a 7 archi al km. 93.674,01, in prossimità di Cassano allo Jonio. Con particolari accorgimenti la circolazione riprese, ma ai primi anni ’70 i cedimenti divennero insostenibili e quindi si decise per la definitiva interruzione del traffico sulla Castrovillari – Spezzano Albanese, ed all’istituzione di autoservizi sostitutivi. La ferrovia privata dei suoi naturali collegamenti con la rete nazionale, divenne un’inutile moncone e sia il traffico passeggeri sia quello delle merci subì un notevole calo per arrivare al 1973, anno in cui anche nella tratta da Rivello a Bivio Latronico, ci furono cedimenti nei manufatti, con conseguente chiusura della linea. Intanto alla stazione di Castrovillari si iniziava lo smantellamento dell’infrastruttura ferroviaria per far posto alla nuovissima Autostazione dei Pullman, come si può notare oggi. Ultime vestigia dei tempi della ferrovia rimane il fabbricato viaggiatori e qualcos’altro, e la locomotiva FCL 503 come monumento. La tratta sopravvissuta, da Bivio Latronico a Castrovillari, risultava sempre meno capace di competere con il sistema stradale, soprattutto dopo la realizzazione dell’autostrada Salerno – Reggio Calabria. L’esercizio ferroviario si prolungò per qualche anno ancora, e fu definitivamente soppresso nel giugno 1978.

(Stralcio dal volume edito dall’associazione Magna Grecia di Lauria nel marzo del 2006, scritto da Davide Nesi con la collaborazione di Mario Lamboglia)